Personal -ma teniamo pure le distanze- trainer

Ebbene si, il lato oscuro ha vinto: non vado più in palestra.
La tesserina è li, abbandonata sul raccogli-cianfrusaglie del cassettone di camera, a guardarmi con aria accusatoria e sfidandomi con “voglio proprio vedere con che coraggio tornerai in palestra per recuperare i 5 euro della scheda”.

Ed io le rispondo pure (perché ho chiaramente delle turbe mentali): “si, si, e me li spendo in friggitoria mentre scrivo questo nuovo post“, ovvero:

Personal -ma teniamo pure le distanze- trainer

Partiamo da un presupposto: non voglio imbozzolarmi nel mio plaid di Hello kitty aspettando di diventare crisalide e, in seguito, farfalla.

Ho tutta una serie di piani B, C ed E, tipo:

  • Usufruire della lunga e illuminata pista ciclabile che collega Trescore a Crema (5 km piacevoli, da percorre sotto gli occhi di famiglie di nutrie ed aironi)
  • Andare sui Roller
  • Rinunciare ai posteggi comodi e lasciare l’auto a 1 km di distanza da dove devo andare.
  • Comprare un outfit sportivo da urlo, così che mi ritrovi a correre per puro esibizionismo.
  • Smaronare gli amici con le camminate in montagna e le ciaspolate.
  • Farmi portare fuori dall’esuberante e possente pastore svizzero dei miei genitori.
  • Portare le cose da un piano all’altro UNA alla volta.
  • Suonare il basso col radio attaccato, correndo da un lato all’altro della mansarda.

Largo alla fantasia, insomma. Tutto pur di stare lontana dalla palestra.

Laddove il personal trainer è in agguato, pronto a farmi sentire il meno possibile a mio agio in una situazione che è già disagevole per conto suo.

Tanto per cominciare, il mio rapporto con il tempio del benessere corporeo ed i suoi frequentatori è partito parecchio male; in aggiunta non avevo calcolato lui, il guru della vita sana, dei fianchi stretti e del culo sodo, quello che quando deve importunarti con cagate non te lo schiodi più e invece, quando fai gli esercizi, parla a millemila all’ora che non capisci niente.

E ovviamente sbagli.

E ti corregge, pirla che non sei altro, perché come hai fatto a non capire che devi alzare una gamba, stirare il sartorio, roteare il gluteo di 130 gradi e strizzare il quadricipite femorale? Nel mentre sentendo la contrazione degli addominali profondi (profondi?? ma io manco li ho in superficie e devo pensare a quelli sotto? Ma non se ne esce più!).

Ah, e soprattutto: attenzione a non affaticare collo e schiena.

Perché si sa, sei a pezzi dopo venti minuti di corsa pro-infato e la stanchezza la senti solo lì.. con le gambe invece puoi ancora fare la maratona di New York.

E poi ci sono i dialoghi, col personal trainer.

Tipo il mio ex aguzzino  non è che scambiasse due chiacchiere a lezione finita o durante esercizi che richiedessero un basso contenuto di ossigeno nei polmoni. E no, troppo facile, meglio farlo mentre corro sul tapis-roulant (già abbastanza indispettita dal fatto che all’improvviso la velocità sia passata dai tranquilli 6 a 9 km/h) che il cervello è vicino all’ipossia e quel poco di fiato che mi rimane lo posso utilizzare per rispondere più solo con “si”, “no” e “ahah”.

Per sentirmi dire, tra l’altro, che dovrei stare meno sulle mie e parlare di più, così non sento la fatica e brucio le calorie.

“Eh ma anche te, cazzo, sei un orso!” mi direte. Bene, l’unica volta in cui sono riuscita a faticare e parlare in maniera comprensibile è stato per dire che sarei andata a New York. La risposta del personal trainer?

Di non scofanarmi troppi m&m’s.

Perché anche lui era stato a New York, aveva (come la gran parte dei turisti) messo piede a Times Square e di tutto gli era rimasto impresso il mega store della M&M’s. E siccome lui era l’angelo difensore della mia forma fisica, l’unica battuta che ha partorito (e che mi avrebbe perseguitato la settimana successiva al mio ritorno) era quella.

(Nota a margine: si, mi sono scofanata le peggio schifezze ma non certo nello store di uno snack che trovo facilmente in tutta Italia)

Due righe però le voglio spendere anche sui frequentanti della palestra

Perché diciamocelo: non tutti hanno l’obiettivo principale di sudare e svenire su avveniristici strumenti di tortura definiti “attrezzi”

Qualcuno investe del denaro in palestra anche per poter baccagliare, stringere amicizie, dare un nuovo senso alla propria vita, rimirarsi su tutte le superfici specchiabili e altre cose che non voglio nemmeno stare a indagare perché io, dicevo, sono lì per tentare di recuperare qualche muscolo.

Invece c’è la casalinga che mi attacca bottone su tutto e di più mentre io, ribadisco, sto esaurendo le scorte di ossigeno correndo. Poi la prof che mi spiega i segreti dell’informatica. Poi quello che mi racconta di quanto chiavino quelli che vanno in bici e via dicendo. 

Sempre meglio che interagire col personal trainer, ovviamente. Ma, diciamocelo in tutta franchezza: bene ma non benissimo.

E quando finalmente hai un minimo preso il giro ti scontri con la dura lotta per l’attrezzo 

Che detta così sembra il titolo di un porno ma, mannaggia al membro, si tratta davvero di una lotta di sguardi per capire se l’aspirante atleta al tuo fianco sta per fiondarsi sulla panca degli addominali. 

Tipo io, all’ultima serie, iniziavo a scrutare tra gli sguardi degli astanti per capire chi avrei dovuto bruciare sul tempo per aggiudicarmi l’attrezzo successivo. Non ero l’unica a farlo eh, ci si mandava minacciose occhiate per far capire chi comandava ed io ovviamente ho sempre perso.

Così, alla fine del circuito, rimanevo lì come una babba di minchia, con il pensiero già alla doccia e al divano di casa.

E il personal trainer stile condor che appariva alle spalle, intimandomi di non fermarmi che mi si freddavano i muscoli.

Capite anche voi che così non si poteva andare avanti

A una certa ho smesso di accusarmi di essere pigra e ho realizzato di aver solo bisogno di affetto e comprensione.

Sono una tipa emotiva io, necessito di un personal trainer che mi spieghi tranquillamente cosa devo fare e che me lo ripeta anche per trenta volte, se necessario, perché io non ho una cazzo di laurea in scienze motorie e vado in ansia quando non capisco l’esercizio.

Devo sentirmi a mio agio e duecento specchi che mi ricordano quanto sia lontana dal risultato e che sotto sforzo assumo delle espressioni da manga giapponese non mi aiuta di certo.

E si, pure la radio sintonizzata sulle stazioni “100% solo musica italiana”, con tanto di fan di Emma Marrone che mi canta sguaiatamente le sue hit a fianco, è fortemente demotivante.

Per cui, finito il post, mi infilerò le scarpe, mi sistemerò gli auricolari nelle orecchie, andrò di playlist con canzoni a 130 bpm e oltre, in tonalità maggiore, e via.

Lontano dal disagio.

Lontano dal personal trainer.

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.

2 Risposte a “Personal -ma teniamo pure le distanze- trainer”

  1. ahhh la palestra! luogo crudele sì! io, come sai sono molto poco palestrata ,ma quest’anno sono andata ogni settimana ben due volte in una tamarrissima palestra vicino a casa a fare… yoga! secondo me devi davvero trovare qualcosa che ti faccia sentire bene, ai corsi di solito si è meno pressati perchè c’è un solo istruttore per più persone, pensaci! 🙂
    baci da ilaria-inapencil sloggata!

  2. no no, non fan per me nemmeno i corsi.. mi sento troppo “osservata”! Yoga mi incuriosisce parecchio ma nel mio caso ci vorrebbe un bel corso aerobico per bruciare le calorie e ripigliarmi dalla pigrizia-da-brutto-tempo.

    Un bacione!

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