Piccola appendice al piccolo compendio del pettegolezzo.

In questo noioso venerdì sera (noioso poiché senza prove del groppo-spacca-culo alias Still Crazy ex Sister Moon [n.d.r. il post è stato iniziato venerdì scorso e finito oggi]) sono finita a leggere questo articolo.

Denuncia e 300 euro di multa a un signore di Caserta per aver spettegolato sulla vicina che forse aveva una relazione extra-coniugale. La conclusione della cassazione: va bene, la notizia è ghiotta e desta l’interesse pubblico, ma esagera nen. Mi sono allora domandata se il limite tra semplice chiacchera e lo sputtanamento fosse stato imposto con la stessa durezza con cui si impone il limite dei 50 sulle strade urbane quanti avvocati avrebbero campato nei piccoli centri urbani, tipo il mio vecchio paese di residenza.

Specifico: per “paese” intendo un centro abitato con meno di 1800 anime, di cui più o meno solo la metà autoctoni o comunque volti conosciuti che vedi nei maggiori centri di aggregazione sociale: il bar, l’edicola, il panettiere (o l’alimentari con rivendita pane), la parrucchiera, la Chiesa e l’associazione-tutto-fare che gestisce i principali eventi mondani. In tale contesto, posto che tu non sia un asociale / un esiliato / un disadattato / uno straniero che non si sa perché ha deciso di abitare li e non si fa mai vedere in giro / un extra-comunitario, se tiri una scoreggia a finestre aperte nel giro di un’ora lo sanno tutti.
In questo breve lasso di tempo sanno dire anche la qualità dei fagioli che avevi ingerito prima di evacuare, se c’era vento e da che parte tirava, se hai lasciato la sgommata e prodotto rumore.
[Per dire: gli esperti della CIA e dell’ FBI ci invidiano l’accuratezza delle indagini e la velocità con cui si reperiscono nomi, cognomi e indirizzi].
Comunque.
Il pettegolezzo è l’anima di un paese così piccolo, il pettegolezzo fa e disfa relazioni sociali, crea alleanze, simpatie, amicizie, ostacola persino manifestazioni e pilota le elezioni. Il pettegolezzo, insomma, è linfa vitale.

Immaginatevi una vita senza di esso.

Nessuno -in coda dal panettiere– parlerà della signora che abita nella via di fianco alla chiesa, che è la nipote della cugina della sorella della nonna della Pina-cuscrita-dal-me-fradel [altra cosa: non si fanno quasi mai i cognomi, si usa dire il nome più la genealogia fino al terzo grado di parentela più eventuale indicazione geografica, proprio per essere sicuri di chi si sta parlando] e che è stata vista rincasare su una macchina diversa dalla sua [segue una descrizione che manco alle denunce dai carabinieri], guidata da un uomo che non si capisce chi è. Ah, erano pure le due di notte.
Di conseguenza dopo, quando passerete dal giornalaio a prendere il quotidiano, nessuno vi anticiperà con una certa eccitazione che la signora che abita nella via di fianco alla chiesa, nipote della cugina della sorella della nonna della Pina-cuscrita-dal-me-fradel, quella che l’anno scorso aveva avuto il bambino, è in crisi col marito in quanto la sera precedente ha fatto tardi ed è rincasata accompagnata da uno sconosciuto.
Poi andrete al bar per il caffè (uno vale l’altro, tanto le notizie si diffondono a macchia d’olio) e né il barista, né il compaesano che è seduto di fianco a voi narrerà, divertito, che la signora che abita nella via di fianco alla chiesa, subito dopo il portone del Ninetu, nipote della cugina della sorella della nonna della Pina-cuscrita-dal-me-fradel, quella che a 18 anni aveva lasciato la scuola per andare a vivere insieme a uno che stava a Torino e che ha avuto una figlia l’anno scorso se la fa con un tizio che ha il macchinone, l’hanno sgamata che tornava a casa alle tre del mattino ubriaca a casa sua, dove sia marito che bambina mancavano all’appello (tutto ciò dedotto dall’astuta dirimpettaia, la quale ha visto la luce del soggiorno accendersi, non s’è sentito alcun vociare e poi ha spento tutto.. lasciando solo quella in camera da letto).
Se siete religiosi la domenica mattina vi recherete a messa e, mentre l’organista inizia a fare atmosfera con qualche accordo in sottofondo, nessuna arzilla settantenne vi dirà sottovoce (che per certe anziane il sottovoce è relativo, son sorde e quindi brigalano come fossero al mercato): “Ma t’lu sè che cùla madamin-a ca la sta visìn la cesa, a’drera ‘l purton dal Ninetu, nén la porta verda ma l’auta, l’è l’anvud-a dla cusin-a dla surela dla nòna dla Pina-ca-la-stava-renta-al-cine, cùla ca l’è nasì ant l’uspedal parché sò màri la vuriva nén che nasìss-a ‘n cà, ‘dess j’ha ‘na matalin-a cìta nata anséma la fija dla mè Gisella e l’è dividìsi?per poi bloccarsi proprio sul più bello perché inizia la funzione e passa dalla notizia al “Il signoooooooreeeeeee” e via dicendo.
Infine nelle riunioni di qualsiasi associazione, prima di cominciare a scannarsi su iniziative, costi, chi ha detto che faceva cosa, chi ha detto che l’altro ha detto ecc..  Non vi si avvicinerà nessuno picchiettandovi la spalla tutto contento perchè ti racconterà che la signora che abita nella via di suo figlio, subito dopo il portone del Ninetu ma prima di quella Giorgio-del-distributore, che aveva fatto le medie con suo cognato, che rimaneva parente alla lontana con la Pina-ca-la-stava-renta-al-cine, che una volta veniva a cantare a messa e poi non ci ha più messo nemmeno piede, che ha un figlio piccolo che forse non è nemmeno del marito la sera prima è tornata ubriaca, accompagnata dall’amante, ma il marito non c’era, era andato a farsi il week-end con l’amante e s’era pure portato dietro il figlio.. o la figlia, boh. Ah ovviamente che i due fossero in crisi lo si sapeva da tempo.

E poi volete mettere? [prendete fiato e concentratevi perchè qui il periodo è lungo e complesso]

La signora Lucia, di cui abbiam saputo indirizzo, genealogia e breve biografia non autorizzata (ci manca solo il cognome che però non si dice mai per rispettare la privacy) che la sera precedente per la prima volta da quando era diventata mamma si era concessa una serata con le amiche (approfittando del fatto che il marito aveva il turno di notte e che i genitori si erano offerti di tenere la bambina a dormire che così al mattino la portavano direttamente loro al nido), e sfiga ha voluto che l’unica amica eterna-peter-pan avesse tentato di dimostrare che a quarant’anni si corre sui tacchi come a venti, spaccandosi la caviglia, facendo andare tutta la comitiva di amiche al pronto soccorso e sdebitandosi poi dicendo al toy-boy suv-dotato di riportarle tutte a casa visto che lei non poteva guidare col gesso, che facendo il solito giro mattutino di commissioni prima di andare a lavoro (con un gran mal di testa) ha sentito quel costante brusio di voci, tutti gli occhi addosso… che ha ricevuto la telefonata dalla madre in lacrime, informata dalle amiche con cui fa volontariato in parrocchia, che tutti dicono che il suo matrimonio è in crisi e lei non le ha detto nulla, “e no, non si fa così, ma che hai in testa, hai un’età, ma si fanno ste cose, che vergogna, e non pensi alla bambina…” che giornata monotona avrebbe avuto??????

Si, son convinta che la signora Lucia, senza il brivido del pettegolezzo, si sarebbe annoiata parecchio.

Insomma.
W il pettegolezzo.
(Che se lo sai prendere sul ridere ti fai di quelle ghignate…)

Firmato: una che è già stata incinta e divorziata più volte. 🙂

p.s. Un grazie enorme a Michele Giannella che mi ha tradotto la frase della nonnina a messa in dialetto vercellese (il mio!) con tanto di spiegazioni su morfologia della frase, grammatica e espressività.

Pubblicato da Little Cinderella

Nata nel "recente" 1984, sono appassionata di tutto ciò che è creativo e che permetta di giustificare la mia scarsa propensione all'ordine.

2 Risposte a “Piccola appendice al piccolo compendio del pettegolezzo.”

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